Antefatti
Il motivo del contendere deve esser fatto risalire alla volontà irachena di fruire di una piena indipendenza, dal momento che - a dispetto della formale indipendenza accordata nel 1930 al Paese arabo dall'ex-Potenza mandataria - i giochi politici ed economici seguitavano ad essere realizzati dalla Gran Bretagna, non più attraverso la figura, naturalmente, dell'Alto Commissario ma attraverso l'Ambasciata che perseguiva con grande zelo le disposizioni di Londra che, attraverso la Corona e i politici ad essa fedeli (Nuri al-Sa'id in testa), e attraverso le sue basi militari (Ḥabbāniyya innanzi tutte) controllavano ancora di fatto l'Iraq e le sue risorse petrolifere: fatti tutti di enorme significato strategico per gli interessi dell'Impero di Sua Maestà britannica.
Il crescente sentimento anti-britannico crebbe vorticosamente allorché scoppiò la seconda guerra mondiale. La concreta possibilità di disfarsi dell'ingombrante presenza (anche militare) di Londra favorì l'insorgere di un atteggiamento di simpatia nei confronti dell'Asse italo-germanico, in applicazione del banale principio secondo cui "il nemico del proprio nemico è un amico".
Questo sentimento indipendentistico si affermò non solo negli ambienti nazionalistici iracheni (alcuni dei quali dettero vita finanche a organizzazioni e movimenti politici ideologicamente allineati con il nazi-fascismo, come il circolo al-Muthannà e la Futuwwa, creata nel 1935 da Sāmī Shawkat sul modello della Gioventù italiana del littorio (GIL) e della Hitlerjugend) ma, ancor di più, nelle forze armate che si ritenevano depositarie e paladine dell'orgoglio nazionale iracheno.
Da qualche tempo ai loro vertici erano giunti esponenti nazionalistici (il cosiddetto Quadrato d'oro) che - dopo l'esperienza di Bakir Sidqi al-ʿAskarī del 1936 - avevano cominciato a gustare il piacere d'una conduzione militaresca e autoritaria dello Stato. Fu il "Quadrato d'oro" a favorire l'ascesa di un esponente nazionalistico (Rashīd ʿĀlī al-Kaylānī), un avvocato che nutriva i medesimi ideali indipendentistici dei militari e che era disposto a un'alleanza con Berlino e Roma pur di allontanare per sempre dall'Iraq la pervasiva potenza britannica.
Il colpo di Stato dell'aprile 1941
Allo scoppio del secondo conflitto mondiale, la Gran Bretagna pretese l'applicazione dell'Art. 4 del Trattato del 30 giugno 1930 affinché l'Iraq interrompesse le relazioni diplomatiche con la Germania. Il malumore nell'esercito e nella società civile non mancò di farsi udire con immediatezza e l'8 gennaio del 1940 fu assassinato il ministro delle Finanze del governo di Nūrī Āl Saˁīd, Rustem Ḥaydar, noto per essere uno dei politici maggiormente filo-britannici.
Le manifestazioni di piazza - cui partecipò anche il Partito Comunista Iracheno, anch'esso accesamente ostile a Londra - provocarono la caduta del governo e l'incarico venne affidato al nazionalista Rashīd ʿĀlī al-Kaylānī, che già due volte Primo Ministro (20 marzo 1933-9 settembre 1933; 9 settembre 1933-28 ottobre 1933).
La reazione britannica fu immediata. Pressioni estremamente forti furono esercitate sul Reggente, ʿAbd al-Ilāh (il figlio del defunto re Ghāzī, Fayṣal, era minorenne), perché chiedesse le dimissioni del nuovo Primo Ministro, accesamente anti-britannico. Ciò puntualmente avvenne e al suo posto ricevette l'incarico Ṭāhā al-Ḥāshimī, un ex-generale che godeva di buona popolarità per il suo passato patriottico, fin dall'epoca della Rivolta Araba e che era fratello dell'ancor più popolare Yāsīn al-Ḥāshimī, morto nel 1937 in Siria, e già due volte Primo Ministro iracheno (1924-25; 1935-36).
Il 2 aprile del 1940 Rashīd ʿAlī al-Kaylānī portò a segno un colpo di Stato col pieno sostegno delle forze armate e di parte non indifferente dello schieramento politico iracheno, allora articolato in vari partiti politici.
La guerra
Il primo atto del nuovo governo fu quello di far sgomberare la base aerea di al-Ḥabbāniyya, nel centro dell'Iraq. Alla prevedibile reazione britannica si ebbero il 29 aprile i primi feroci scontri fra truppe britanniche e truppe irachene, con pesanti perdite da entrambe le parti, con una chiara prevalenza tattica delle prime.
Lo sperato aiuto delle potenze dell'Asse - impegnate in quel momento sul Fronte Orientale, a Malta, in Etiopia ed a Creta - fu del tutto deluso e non si riuscì a ricevere quei vitali rifornimenti in armi e tecnologie che avrebbero dato modo di resistere meglio alla superiorità britannica. A tal fine è interessante notare come il Servizio Informazioni Militare (SIM) italiano avesse analizzato alla perfezione la situazione tattica e strategica, profetizzando la sconfitta dell'Iraq nel giro di un mese qualora esso non avesse ricevuto quegli aiuti che - se non altro per la gigantesca disponibilità d'idrocarburi irachena - sarebbero stati decisivi per risolvere il problema dei rifornimenti che gravavano sull'Asse, e in special modo sull'Italia.
La Germania, malgrado le informative dell'ultimo Ambasciatore tedesco Fritz Grobba, inviò una piccola forza aerea, il "Sonderkommando Junk", che risultò comunque inefficace contro la superiorità numerica dell'aviazione britannica nella zona [1]; mentre l'Italia, che aveva promesso l'invio di 50 caccia, si limitò infine ad inviare pochi e quasi inutili Savoia-Marchetti S.M.81.
L'esito fu quello profetizzato dal SIM. L'esercito iracheno - che ricorse finanche alla tattica dell'allagamento delle terre intorno alla base di al-Ḥabbāniyya per creare impacci alle truppe straniere - dovette infine arrendersi il 30 maggio, a circa un mese dal colpo di Stato di Rashīd ʿĀlī al-Kaylānī.
Conseguenze
Questi, insieme al Muftī di Gerusalemme, Amīn al-Ḥusaynī, trovò scampo nella fuga. Tutti i generali del Quadrato d'Oro furono ricercati, arrestati e condannati a morte, il governo troppo "moderato" di Jamīl al-Midfāʿī deposto per fare di nuovo spazio a Nūrī Āl Saˁīd, mentre la polizia - troppo spesso solidale con i patrioti anti-britannici - veniva disarmata, imposta la censura e vietata la costituzione di partiti politici, secondo un'abitudine delle potenze coloniali europee che, come in Egitto e Siria, di fronte all'opposizione nazionalistica, preferirono spesso vietare il multipartitismo, contentandosi dell'esistenza dei soli movimenti a loro fedeli, con un logico disamoramento per i regimi parlamentari delle giovani generazioni arabe del secondo dopoguerra.
Il motivo del contendere deve esser fatto risalire alla volontà irachena di fruire di una piena indipendenza, dal momento che - a dispetto della formale indipendenza accordata nel 1930 al Paese arabo dall'ex-Potenza mandataria - i giochi politici ed economici seguitavano ad essere realizzati dalla Gran Bretagna, non più attraverso la figura, naturalmente, dell'Alto Commissario ma attraverso l'Ambasciata che perseguiva con grande zelo le disposizioni di Londra che, attraverso la Corona e i politici ad essa fedeli (Nuri al-Sa'id in testa), e attraverso le sue basi militari (Ḥabbāniyya innanzi tutte) controllavano ancora di fatto l'Iraq e le sue risorse petrolifere: fatti tutti di enorme significato strategico per gli interessi dell'Impero di Sua Maestà britannica.
Il crescente sentimento anti-britannico crebbe vorticosamente allorché scoppiò la seconda guerra mondiale. La concreta possibilità di disfarsi dell'ingombrante presenza (anche militare) di Londra favorì l'insorgere di un atteggiamento di simpatia nei confronti dell'Asse italo-germanico, in applicazione del banale principio secondo cui "il nemico del proprio nemico è un amico".
Questo sentimento indipendentistico si affermò non solo negli ambienti nazionalistici iracheni (alcuni dei quali dettero vita finanche a organizzazioni e movimenti politici ideologicamente allineati con il nazi-fascismo, come il circolo al-Muthannà e la Futuwwa, creata nel 1935 da Sāmī Shawkat sul modello della Gioventù italiana del littorio (GIL) e della Hitlerjugend) ma, ancor di più, nelle forze armate che si ritenevano depositarie e paladine dell'orgoglio nazionale iracheno.
Da qualche tempo ai loro vertici erano giunti esponenti nazionalistici (il cosiddetto Quadrato d'oro) che - dopo l'esperienza di Bakir Sidqi al-ʿAskarī del 1936 - avevano cominciato a gustare il piacere d'una conduzione militaresca e autoritaria dello Stato. Fu il "Quadrato d'oro" a favorire l'ascesa di un esponente nazionalistico (Rashīd ʿĀlī al-Kaylānī), un avvocato che nutriva i medesimi ideali indipendentistici dei militari e che era disposto a un'alleanza con Berlino e Roma pur di allontanare per sempre dall'Iraq la pervasiva potenza britannica.
Il colpo di Stato dell'aprile 1941
Allo scoppio del secondo conflitto mondiale, la Gran Bretagna pretese l'applicazione dell'Art. 4 del Trattato del 30 giugno 1930 affinché l'Iraq interrompesse le relazioni diplomatiche con la Germania. Il malumore nell'esercito e nella società civile non mancò di farsi udire con immediatezza e l'8 gennaio del 1940 fu assassinato il ministro delle Finanze del governo di Nūrī Āl Saˁīd, Rustem Ḥaydar, noto per essere uno dei politici maggiormente filo-britannici.
Le manifestazioni di piazza - cui partecipò anche il Partito Comunista Iracheno, anch'esso accesamente ostile a Londra - provocarono la caduta del governo e l'incarico venne affidato al nazionalista Rashīd ʿĀlī al-Kaylānī, che già due volte Primo Ministro (20 marzo 1933-9 settembre 1933; 9 settembre 1933-28 ottobre 1933).
La reazione britannica fu immediata. Pressioni estremamente forti furono esercitate sul Reggente, ʿAbd al-Ilāh (il figlio del defunto re Ghāzī, Fayṣal, era minorenne), perché chiedesse le dimissioni del nuovo Primo Ministro, accesamente anti-britannico. Ciò puntualmente avvenne e al suo posto ricevette l'incarico Ṭāhā al-Ḥāshimī, un ex-generale che godeva di buona popolarità per il suo passato patriottico, fin dall'epoca della Rivolta Araba e che era fratello dell'ancor più popolare Yāsīn al-Ḥāshimī, morto nel 1937 in Siria, e già due volte Primo Ministro iracheno (1924-25; 1935-36).
Il 2 aprile del 1940 Rashīd ʿAlī al-Kaylānī portò a segno un colpo di Stato col pieno sostegno delle forze armate e di parte non indifferente dello schieramento politico iracheno, allora articolato in vari partiti politici.
La guerra
Il primo atto del nuovo governo fu quello di far sgomberare la base aerea di al-Ḥabbāniyya, nel centro dell'Iraq. Alla prevedibile reazione britannica si ebbero il 29 aprile i primi feroci scontri fra truppe britanniche e truppe irachene, con pesanti perdite da entrambe le parti, con una chiara prevalenza tattica delle prime.
Lo sperato aiuto delle potenze dell'Asse - impegnate in quel momento sul Fronte Orientale, a Malta, in Etiopia ed a Creta - fu del tutto deluso e non si riuscì a ricevere quei vitali rifornimenti in armi e tecnologie che avrebbero dato modo di resistere meglio alla superiorità britannica. A tal fine è interessante notare come il Servizio Informazioni Militare (SIM) italiano avesse analizzato alla perfezione la situazione tattica e strategica, profetizzando la sconfitta dell'Iraq nel giro di un mese qualora esso non avesse ricevuto quegli aiuti che - se non altro per la gigantesca disponibilità d'idrocarburi irachena - sarebbero stati decisivi per risolvere il problema dei rifornimenti che gravavano sull'Asse, e in special modo sull'Italia.
La Germania, malgrado le informative dell'ultimo Ambasciatore tedesco Fritz Grobba, inviò una piccola forza aerea, il "Sonderkommando Junk", che risultò comunque inefficace contro la superiorità numerica dell'aviazione britannica nella zona [1]; mentre l'Italia, che aveva promesso l'invio di 50 caccia, si limitò infine ad inviare pochi e quasi inutili Savoia-Marchetti S.M.81.
L'esito fu quello profetizzato dal SIM. L'esercito iracheno - che ricorse finanche alla tattica dell'allagamento delle terre intorno alla base di al-Ḥabbāniyya per creare impacci alle truppe straniere - dovette infine arrendersi il 30 maggio, a circa un mese dal colpo di Stato di Rashīd ʿĀlī al-Kaylānī.
Conseguenze
Questi, insieme al Muftī di Gerusalemme, Amīn al-Ḥusaynī, trovò scampo nella fuga. Tutti i generali del Quadrato d'Oro furono ricercati, arrestati e condannati a morte, il governo troppo "moderato" di Jamīl al-Midfāʿī deposto per fare di nuovo spazio a Nūrī Āl Saˁīd, mentre la polizia - troppo spesso solidale con i patrioti anti-britannici - veniva disarmata, imposta la censura e vietata la costituzione di partiti politici, secondo un'abitudine delle potenze coloniali europee che, come in Egitto e Siria, di fronte all'opposizione nazionalistica, preferirono spesso vietare il multipartitismo, contentandosi dell'esistenza dei soli movimenti a loro fedeli, con un logico disamoramento per i regimi parlamentari delle giovani generazioni arabe del secondo dopoguerra.
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